venerdì 30 gennaio 2015

TOMMASO ROMANO, Contro la rivoluzione la fedeltà. Il marchese Vincenzo Mortillaro cattolico e tradizionalista intransigente (1806-1888), Isspe, Palermo 2012

di Melo Freni
 
Chi era Vincenzo Mortillaro? Pochi ri- corderanno l’autore dello storico dizio- nario della lingua siciliana pubblicato a Palermo in tre edizioni, fra il 1838 ed il 1876. Ma la figura dell’uomo è molto più complessa ed accanto all’intellettuale (ara- bista, astronomo, matematico, docente universitario, retore, prolifico scrittore di letteratura e di scienza) sono da tenere in conto le attività dell’ideologo, dello sta- tista e del politico (nel 1848 venne elet- to alla Nuova Camera dei Pari dal ceto nobile ed ecclesiastico) che lo distinsero contro l’andazzo dei tempi, quindi con- tro Garibaldi, contro il Risorgimento, contro l’unità (frutto utopico della inna- turale unificazione), da borbonico ed in- dipendentista convinto, tutt’altro che cor- rivo ma aperto all’idea di un assetto con- federale garante delle autonomie ed in questo, con evidenza, modernissimo. A ridargli luce e visibilità è adesso un bel saggio dello studioso palermitano Tommaso Romano, edito dall’Istituto Siciliano di Studi Politici ed Economici, il cui sottotitolo è già rivelatore: Contro la rivoluzione, la fede. Il marchese Vincenzo Mortillaro cattolico e tradizionalista intran- sigente   (1806-1888).
Come sottolinea Paolo Pastori nella sua Introduzione: «La rilettura della nostra storia nazionale va al di là di antichi e re- centi manierismi celebrativi: l’importan- za del libro di Romano sta, infatti, nella novità di presentare, con dovizia di rife- rimenti e scritti originali, l’interprete di un dissenso che la storia, altrimenti uniformata alle ufficiali celebrazioni, ha del tutto oscurato». E per farlo, l’autore ripropone un ricco compendio storico- ideologico del tempo, del pensiero libe- rale dei legittimisti di parte borbonica a partire dalla Costituzione del 1812, de- gli antirivoluzionari del 1840 e del 1860, dei difensori di un assetto che poneva la Sicilia alla pari nella diplomazia europea, personaggi di un’opposizione colta, atti- va e responsabile, che corrispondeva a quella romana ed europea posta a difesa della fede e di una ragione diversa da quella dei sofisti e degli empi, animati da una “smania selvaggia”: è chiaro il ri- ferimento agli Enciclopedisti, come una sfida. E fa bene Tommaso Romano a so- stenere l’autorevolezza del nostro ricor- dando i rapporti personali ed epistolari che intrattenne, fra gli altri, con Leopardi, con Angelo Mai, con Massimo D’Azeglio e Domenico Guerrazzi, col Tommaseo e con Gregorovius, con Carlo Botta e Cesare Cantù, col grande amico e suo strenuo so- stenitore Lionardo Vigo. È lecito chie- dersi: come mai la storia ufficiale, scrit- ta sempre dai vincitori, può arrivare a tan- to discrimine? E il monito valga per sem- pre, anche per oggi, e vada a Tommaso Romano il merito per quanto, riaprendo alla figura di un protagonista “contro” restituisce alla completezza della storia. Il libro contiene anche un’antologia de- gli scritti di Vincenzo Mortillaro con profonde riflessione sui primi decenni dell’unità d’Italia. Detta antologia, sot- tolinea ancora Pastori: «è il recupero di un ciclo dentro il grande ciclo della no- stra storia, a partire dalla crisi dello Stato unitario, da quella Belle époque nelle cui pieghe dietro feste, cortei, celebrazioni e monumenti si ignorava la questione so- ciale, il crescere di un o scontento di mas- sa, sintomo peraltro di un’anteriore e pre- gressa perdita di contatto con i valori fon- danti della politica. C’è una diseducazio- ne di massa – che Mortillaro già ricono- sceva nello Stato unitario – oggi divenu- ta planetaria. Una diseducazione camuf- fata da cultura avanzata, un tremendo in- sieme di démi-lumières arroccato dietro e muraglie di carta, di diplomi di vario livello, di “eccellenze culturali” Tanto più scadenti di significato e valore quanto più altisonante è il titolo che si pretende di legittimare».

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