sabato 19 settembre 2015

Francesco Rossi de Gasperis "Un Pellegrino che "comincia da Gerusalemme"" (Ed. Paoline)

di Domenico Bonvegna

Da qualche tempo si assiste a uno stillicidio di messaggi e di commenti su facebook dove più o meno “amici” danno giudizi “pesanti” sui discorsi o prese di posizione dell’attuale Pontefice papa Francesco, a volte i messaggi sono talmente puerili e ridicoli che viene da ridere o forse da piangere. In questi giorni sempre preso dalla mia curiosità culturale, questa volta religiosa teologica, mi sono imbattuto in un testo singolare, “Un pellegrino che ‘comincia da Gerusalemme’, sottotitolo: “Esercizi spirituali sull’autobiografia di Ignazio di Loyola con riferimenti al Cammino dell’uomo di Martin Buber”, scritto da un gesuita, Francesco Rossi De Gasperis, pubblicato dalle Paoline (2015). Per la verità il libro ancora non l’ho letto tutto, ma in particolare sono rimasto colpito dal capitolo, XXI: “Regole per il retto sentire che nella Chiesa militante dobbiamo avere”. Ci sono alcuni passaggi che sembrano fatte apposta per rispondere a quegli “amici” di facebook che da tempo si sono dedicati allo sport di infangare l’attuale Sommo Pontefice.
Padre De Gasperis ci invita a pregare e sulla linea degli Esercizi, propone le regole “per il nostro genuino sentire nella Chiesa militante”. Sono delle indicazioni, un invito “a porsi personalmente nella Chiesa, nelle Chiese, là dove ognuno si trova, per vedere che cosa può fare di più e di meglio ‘per formarci a sentire (quasi istintivamente) con profonda simpatia nella Chiesa militante”.
La prima regola è quella di deporre ogni giudizio, “dobbiamo tenere l’animo apparecchiato e pronto per obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore che è la nostra Santa Madre Chiesa gerarchica”. E’ qui che Nostro Signore Gesù Cristo continua ad operare nella storia, attraverso i successori di Pietro e quindi anche con papa Francesco.
Padre De Gasperis ci mette in guardia dal non vedere la Chiesa “con gli occhi terreni e di cui si legga sui giornali”. La vera Chiesa si coglie in verità nell’atto di fede cattolica: “Credo Ecclesiam”. S. Ignazio nel suo tempo l’aveva capito bene.
Quattro direzioni verso cui camminare.
Pertanto il gesuita suggerisce, quattro direzioni verso cui camminare: “prima di tutto dobbiamo imparare a ‘sentire nella Chiesa’, rendendoci più e meglio consapevoli della sua inculturazione nell’Italia odierna, con i suoi pesi e misure, senza immaginare di trovarci o in un ambiente culturale differente o, addirittura, liberi da ogni condizionamento culturale. La Chiesa  -scrive De Gasperis – di per sé, dovunque si trovi, non è italiana o francese o giapponese od orientale od occidentale…”Essa è di Dio e di Cristo, dispersa e pellegrina a Roma, come a Berlino o a New York o a Mosca”. A questo proposito il gesuita rimprovera tutti quelli che ritengono che la Chiesa italiana sia più Chiesa delle altre. Non possiamo accettare che la fede di un giapponese sia minoritaria rispetto alla nostra, come “se la fede venisse dall’antichità del credere o dalla geografia, invece di essere un dono teologale di Dio”. Del resto anche nella stessa Italia, la fede è vissuta in diversi modi.
Tra l’altro padre De Gasperisdopo avere scritto che la Chiesa in Italia è molto clericale, un po’ arrogante e provinciale, sostiene che l’ideale per una Chiesa non è una presenza massiccia di clero. Come se chi ne ha poco è un sottosviluppato, “forse in alcune cose, i sottosviluppati siamo noi, proprio a causa della sovrabbondanza di clericalismo”. Il padre gesuita, è abbastanza critico verso certe esagerazionireligiose tipicamente italiane. Bisogna stare attenti a non sacralizzare quelle che sono tradizioni di uomini, come dice Gesù (Mt 13,1-9; Mc 7,1-13), anche se gli uomini sono rispettabili.
Occorre ringraziare il Signore “di quello che siamo, ma senza rivendicazioni campanilistiche, senza totalitarismi e immobilismi, che ci rendono arroganti, non servi di Dio nella sua Chiesa, ma padroni nelle nostre comunità”.
Padre Francesco Rossi De Gasperis parla di bastioni caduti, a cominciare da quello dell’”ideologia del papato”, ad opera di papa Ratzinger.
La Chiesa passata per il Concilio Vaticano II.
Il Concilio Vaticano II, forse è stato troppo europeo e soprattutto si è celebrato contro nessuno, forse l’unico nella storia della Chiesa. “Per questo fu molto più sereno degli altri(…)e ci ha dato una visione più equilibrata e completa della verità cristiana e della Chiesa cattolica…”. Per il gesuita “il Vaticano II potè fare un discorso più tranquillo, più disteso, meno polemico e, quindi, più vero(…)”. Comunque sia il Concilio si è mosso secondo l’idea che tutti i problemi e situazioni della e nella Chiesa si dovrebbero sempre affrontare “Cominciando da Gerusalemme”(Lc 24,47)da dove, cioè, Dio ha cominciato e sempre dirige il nostro cammino-, più e prima che dalle tappe successive e intermedie, costruite dagli uomini lungo i loro sentieri”.
Il Vaticano II per padre Francesco, “ha seguito una linea di recupero: per ‘aggiornare’ la trasmissione della fede, bisogna capire da dove si deve partire, che cosa si può e si deve aggiornare”. Naturalmente, il Concilio, “non ha mostrato alcun complesso cristiano di inferiorità dinanzi alla società civile”.

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