martedì 1 settembre 2015

Robert Hugh Benson, "L'alba di tutto. L'utopia di un mondo in cui Cristo trionfa" (ed. Fede & Cultura)

di Luca Fumagalli

Nonostante il successo de Il padrone del mondo, edito nel 1907, molti lettori furono turbati dalla visione apocalittica prospettata nel più famoso romanzo di R. H. Benson, un mondo distopico in cui l’Anticristo trionfa sulla storia. Il sacerdote inglese rispose ai commentatori critici con la pubblicazione, quattro anni più tardi, di un nuovo libro intitolato L’alba di tutto. Questa volta la narrazione prende corpo secondo una prospettiva opposta, immaginando un futuro vittorioso per la Chiesa.
La trama è piuttosto lineare: nel 1973 monsignor Masterman, cappellano del cardinale inglese Bellairs, si risveglia dopo un lungo coma causato da un incidente. Ha perso la memoria ed è aiutato dal fido Jervis a ricostruire la sua storia. Il mondo è cambiato da come il vecchio prelato se lo ricordava: la Chiesa è ormai una guida riconosciuta da tutti, il divorzio è illegale, il cattolicesimo è la religione di stato in molti paesi e la scienza e gli intellettuali si sono dovuti arrendere alla veridicità di Cristo, dei miracoli e del soprannaturale (che solo i rozzi razionalisti, in realtà più ideologici che ragionevoli, negavano ostinatamente).
Per facilitare la guarigione, il monsignore è invitato dal cardinale a compiere un viaggio nell’Europa continentale. Dopo aver trascorso qualche tempo a Parigi e a Roma, Masterman si reca a Lourdes. Scienza e religione collaborano sinergicamente e lì assiste a una serie di inspiegabili miracoli il cui numero è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni a causa della fede sempre più diffusa. Tornato in Inghilterra, per le strade si diffonde la notizia dell’imminente conversione del kaiser Federico, l’unico sovrano ancora apertamente ostile alla Chiesa. I dubbi e le perplessità si assommano nella mente di Masterman che continua a percepire come estraneo il mondo in cui vive. Questa situazione di disagio è acuita dalla condanna a morte per eresia del suo amico benedettino Adrian Bennet. Ma ciò che più di tutto lo sconvolge è la serena fiducia con cui il frate accetta la sentenza, difendendo fino all’ultimo la bontà del sistema. Un breve ritiro spirituale in Irlanda lo aiuta finalmente a fugare le ultime difficoltà e a comprendere come il nuovo mondo sia in realtà fondato sulla carità e la giustizia. La situazione nel frattempo continua a migliorare: in oriente il Papa è ufficialmente nominato arbitro delle contese internazionale, il Massachussets diviene una colonia per gli ultimi socialisti atei – in ossequio al principio della tolleranza religiosa – e in Inghilterra passa il decreto con cui il cattolicesimo è proclamato ufficialmente religione di stato: il mondo è ormai totalmente cristianizzato.
Al netto di qualche limite, L’alba di tutto è un brillante esempio di utopia cattolica, e Masterman, lo spaesato protagonista, è una felice rappresentazione dell’uomo moderno. Notevoli sono anche le intuizioni tecnologiche dell’autore, come i collegamenti satellitari e il pc, così come doti profetiche emergono nella descrizione del socialismo reale e del suo inevitabile fallimento.
Benson presenta la sua utopia secondo gli occhi sinceri di un cattolico d’inizio secolo. La cifra distintiva della nuova realtà è quella di aver riconosciuto la centralità di Cristo nell’esperienza umana, diventando conseguentemente riferimento imprescindibile delle nazioni. L’uomo ha avuto il coraggio e il realismo di vedere i propri limiti, confidando in Dio per la sua salvezza.
É il trionfo della libertà, quella che nasce dal cogliere le strutture profonde del reale, dall’osservazione sincera della vita. Dopo che Jervis ha spiegato a un disorientato Masterman che ormai l’intero sistema educativo è nelle mani della Chiesa, racconta che tutti gli scienziati, gli artisti, gli attori e i medici sono diventati cattolici: «Si è visto per esperienza che nessuna bella opera può essere fatta se non da quelli che hanno famigliarità con le cose divine; perché sono solo quelli che vedono le cose a tutto tondo ad avere, per così dire, un’intuizione davvero globale».
Anche qualsiasi odio nei confronti delle strutture ecclesiastiche e dei suoi rappresentanti scompare nel momento in cui si smette di concepire la Chiesa come un intermediario inutile o dannoso tra l’uomo e Dio. Solo il cattolicesimo, infatti, offre uno sguardo che abbraccia completamente l’orizzonte dell’esistenza: «Non c’è clericalismo e, dunque, non c’è anticlericalismo. C’è solo religione, è un fatto».
Sul versante politico, il dibattito che aveva imperversato nel XIX secolo circa la legittimità o meno del potere temporale del Papa – tornato alla ribalta anche a causa della conquista di Roma da parte delle truppe italiane nel 1870 – nel mondo descritto nel libro è ormai superato. Quello scontro tra Pietro e Cesare, tema centrale in molti romanzi storici a partire da Con quale autorità?, in questa sede perde ogni significato. Tra le due parti vi è ora una perfetta identità, o meglio, una gerarchizzazione che supera e travalica qualsiasi possibilità di contrasto. Il potere temporale della Chiesa garantisce ad essa l’adempimento della sua vera vocazione, quella di essere cattolica, universale: «Era possibile in effetti per Pietro essere suddito di Nerone in cose che competevano a Cesare; ma come poteva essere possibile questo al successore di Pietro quando il Regno di Cristo che egli governava in terra era divenuta una società sovranazionale a cui le nazioni della terra guardavano in cerca di guida?».
Nel nuovo mondo al progresso spirituale segue quello materiale. In questo ambito gli ordini religiosi rivestono un ruolo importantissimo. Nel solco della solida tradizione di San Benedetto, i frati e i loro monasteri si dimostrano un centro sociale ed economico fondamentale. La carità ha permesso di sconfiggere qualsiasi forma di associazionismo di stampo socialista e, alla fine, anche gli economisti hanno dovuto riconoscere che non esiste forma migliore per poter garantire il benessere di un paese. Per uno strano paradosso, solo chi rifugge l’ideologia dell’homo economicus – nulla più che un caotico cumulo di desideri e piaceri catalizzati dal suo egoismo radicale – è in grado di soddisfare anche i bisogni materiali del mondo. I monaci hanno sfamato non solo le bocche, ma soprattutto le anime e hanno riguadagnato a Nostro Signore migliaia di vite.
Forse il momento di più alto lirismo dell’intero romanzo, che appare sconcertante ai nostri giorni, è la dichiarazione che il frate Adrian Bennet rilascia al protagonista poco prima di morire. Il benedettino è infatti condannato a morte per eresia a causa di alcuni suoi scritti che rivendicano la natura perfettamente scientifica di alcune guarigioni avvenute a Lourdes e che la Chiesa reputa miracolose. Bennet si rifiuta di sopprimere il libro prima della pubblicazione segnando così il suo destino. La condanna è eseguita dal braccio secolare e Masterman, incaricato di seguire il caso, ne rimane profondamente turbato.
Naturalmente lo strumento della pena di morte non è cosa di cui avvalersi con leggerezza, e il protagonista, superato lo sconcerto iniziale, si rasserena notevolmente quando legge un libro dedicato agli statuti del tribunale per l’eresia, in cui si mostra chiaramente la perfetta legalità che caratterizza i processi: «C’erano pene minori per offese minori; c’era ad ogni livello una via d’uscita per l’accusato. Questo poteva […] sfuggire ad ogni pena con una formale rinuncia al cristianesimo; ma se non lo faceva […] sarebbe stato estradato al braccio secolare. […] La pena inflitta dal braccio secolare era, nel caso di un chierico tonsurato, la morte». É offerta dunque la possibilità di ritrattare e sfuggire alla morte. Chi invece si ostina a seguitare nell’errore, pretendendo al contempo di rimanere parte della Chiesa, rischia di causare gravi danni al gregge di Cristo, portandolo allo smarrimento e alla confusione. La forza, in questo caso, è l’unica soluzione.
Davanti al tribunale Adrian Bennett è calmo, posato, tranquillo. Assiste con consapevole rassegnazione alla sentenza di morte. Masterman ottiene un colloquio privato con il prigioniero e ha finalmente l’occasione di sfogare tutto il suo imbarazzo: perché un autentico cattolico dovrebbe essere ucciso solo a motivo delle sue conclusioni, contrarie a quello che altri ecclesiastici assumono come vero? Bennet non solo non accoglie le accuse del monsignore ma, ribaltando i ruoli, si assume il compito di difendere la pena di morte. L’argomentazione del benedettino è stringente: ogni società ha il diritto di sopprimere le opinioni che sono direttamente sovversive delle autentiche fondamenta su cui poggia e, dal momento che nel mondo moderno è il cattolicesimo su cui è edificata la società, chi colpisce la Chiesa attenta anche all’ordine sociale. Conclude poi: «Non vengo messo a morte per le mie opinioni; ma perché, sostenendo tali opinioni, che sono dichiarate eretiche, e rifiutando di sottomettermi a una decisione d’autorità, sono un nemico dello stato civile che è ancorato unicamente ai decreti del cattolicesimo».
Masterman ancora non capisce. Bennet allora lo incalza tessendo un’efficace narrazione della resurrezione di Nostro Signore e spiegando come, al di là della sofferenza e dell’ingiustizia di questo mondo, il Paradiso attende tutti i cristiani devoti e fedeli: «Monsignore, voi dimenticate di quale Chiesa siete prete! É la Chiesa di Colui che strappò i regni di questo mondo da Satana, per poterli conquistare per Se stesso. L’ha fatto! Cristo regna…! Monsignore, ecco cosa avete dimenticato! Cristo non è più un’opinione o una teoria. Egli è un Fatto. Cristo regna! Egli veramente regna in questo mondo. E il mondo lo sa».
Il regno sociale di Cristo è diventato realtà. É nato un nuovo mondo, convinto che sopra di esso ve ne sia un altro più vero e autentico a cui tutti gli uomini sono destinati. È radicalmente mutato il modo di guardare e vivere la quotidianità, si è più liberi, più uomini: è davvero l’alba di tutto.

da: www.radiospada.org

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