mercoledì 28 ottobre 2015

J. K. Huysmans, A ritroso, Milano, BUR, 2010

di Luca Fumagalli

«Questo orientamento così chiaro, così netto di A ritroso verso il cattolicesimo, mi rimane, io confesso, incomprensibile»
(J. K. Huysmans, Prefazione dell’autore scritta vent’anni dopo il romanzo)
Giovanni Des Esseintes vive solo. Il giovane aristocratico francese non avrebbe mai pensato che, dopo aver attinto a piene mani dall’inesauribile serbatoio della mondanità, ogni piacere, ogni più piccola gioia si sarebbe dissolta come neve al sole. Ora convive con il suo niente, disgustato da un mondo in rovina, tutto falsità e ostentata affettazione. I piaceri della vita, le belle donne e i vini pregiati a cui il suo portafoglio garantiva facile accesso hanno perso d’improvviso la loro attrattiva: l’ebrezza di un’esistenza all’insegna del carpe diem si è ormai tramutata in un’inguaribile noia. E così Des Esseintes abbandona i parenti e gli amici e decide di vivere da recluso in una piccola abitazione situata nei pressi di Parigi, lontana diverse miglia dalle luci sfavillanti della capitale francese. L’unico rimedio allo squallore della realtà («Tutto è sifilide») è quello di creare una sorta di eremo dorato, un’abitazione in cui il lusso, l’arte e il raffinato gusto per la bellezza possano finalmente ridare dignità alla realtà.
Nel 1884 il mondo dell’editoria francese, saturo di romanzi naturalisti di dubbia qualità, fu sconvolto dalla ventata di novità prodotta da A ritroso(À Rebours), un piccolo libro firmato da Joris Karl Huysmans. Impiegato presso il Ministero degli Interni, il francese era già all’epoca introdotto negli ambienti bohémienne di Parigi, ma rimaneva uno scrittore dilettante, i cui primi lavori seguivano un po’ troppo fedelmente la linea tracciata dall’amico Zola. Fu con la non proprio edificante lettura di Sade che si consumò per lui il divorzio dal realismo, gettando le basi per un’inaspettata rivoluzione culturale di portata continentale.
A ritroso segnò per Huysmans una svolta di stile e di vita: da oscuro letterato egli si trasformò in icona generazionale, e il suo lavoro assunse i connotati di un vero e proprio manifesto del decadentismo europeo. Senza questo romanzo un Wilde o un D’Annunzio, solo per citare gli esempio più noti e “scolastici”, non sarebbero mai esistiti: «L’arte per l’arte», il celebre aforisma dell’estetismo, aveva trovato la sua prima e più brillante applicazione.
La casa di Des Esseintes è un covo del lusso, dove stanze apparecchiate per sembrare cabine di un vascello si alternano a corridoi con carte da parati finemente decorate, scientificamente selezionate per meravigliare il visitatore con sfavillanti giochi di luce. Per la dimora si aggira addirittura una tartaruga dal guscio ricoperto d’oro e tempestato di pietre preziose. Non si contano poi le librerie che conservano volumi antichi e gli arredi artigianali che, con i numerosi quadri appesi alle pareti, contribuiscono a riempire qual vuoto che il protagonista avverte come un peso nella propria anima. Tutto questo ad alimentare la sfida lanciata dall’artificio alla deprecabile corruttibilità della natura.
Pagina dopo pagina, il libro segue il pellegrinaggio artistico e culturale che Des Esseintes compie nell’isolamento domestico, deciso a rompere ogni contatto con la mondanità. La coppia di servitori è sistemata in una stanza al piano inferiore, e i loro compiti sono pianificati dal padrone in modo tale da evitare, per quanto possibile, ogni incontro. Nell’ozio della campagna, il protagonista torna con la mente alla letteratura, all’arte e alla musica, intessendo una fitta trama di rimandi e legami che definiscono la peculiare struttura del romanzo. In A ritroso, infatti, accade ben poco, le giornate si trascinano lente, sempre uguali a se stesse, mentre Huysmans è preoccupato solamente di rendere conto delle speculazioni estetiche di Des Esseintes, separate per argomento secondo l’andamento dei capitoli. Ne emerge un ritratto vivo e appassionante in cui il concetto di decadenza − ben esemplificato dall’amore dell’aristocratico per gli autori della tarda latinità − impregna ogni paragrafo.
Ma dietro la patina di lussuoso splendore che circonda il protagonista aleggiano sinistri spettri, frutto dei tormenti dell’uomo. Correlativo oggettivo di una situazione sempre più insostenibile è il quadro di Gustave Moreau, L’apparizione, uno dei preferiti di Des Esseintes. In esso, con singolare abilità, si compendiano i temi cardine della sua esistenza: alla bellezza preziosa degli arabeschi del palazzo di Erode si accompagna la sinuosa figura di Salomè, simbolo della lussuria e della violenza. Il vero fulcro della composizione è però la visione onirica della testa di Giovanni Battista, indicata con sgomento dalla figlia di Erodiade. Il volto del Santo, sfigurato dalla morte, è circondato da una fulgida aureola e dal collo sgorgano copiosi fiotti di sangue. La ragazza è «la Bestia mostruosa, indifferente, irresponsabile, insensibile, che avvelenava, come Elena greca, tutto ciò che avvicinava, tutto ciò che vedeva, tutto ciò che toccava». È la medesima ombra che, lentamente, sta occupando il cuore di un Des Esseintes a cui non basta più il candido pessimismo di un Schopenhauer per alleviare l’insensatezza della sua vita. Tutta la costruzione dell’aristocratico francese è dunque sul punto di crollare rovinosamente, come improvvisa è la morte dell’amata tartaruga. L’artificio, l’illusione di un’esistenza vissuta sulla scorta della bellezza, si scontra con la malattia che dilania il cuore e il corpo del protagonista.
Barbey d’Aurevilly, con brillante intuizione, aveva sintetizzato così l’esito possibile del romanzo: «Dopo un libro come questo, al suo autore non rimane che la pistola o la croce». Huysmans scelse la seconda alternativa e qualche anno dopo, nel 1892, si convertì al cattolicesimo, spendendo gli ultimi anni della sua vita in una lotta senza quartiere contro l’anticlericalismo dilagante.
Con il senno di poi sorprende scorgere in A ritroso i semi di una conversione inevitabile. A partire dalla condizione di isolamento, che lo stesso Des Esseintes paragona alla fuga mundi di un monaco, diversi sono gli elementi che sembrano avvicinare la singolare esperienza del protagonista del romanzo al cattolicesimo. Al di là dell’amore che il nobile nutre nei confronti dei padri della Chiesa e di alcuni scrittori cristiani come Ernst Hello, molti degli arredi che ne impreziosiscono la dimora sono oggetti liturgici riattati per l’occasione, come la cartagloria che espone sul camino e che contiene alcuni componimenti dell’amato Baudelaire.
Il trionfo del simbolismo sul naturalismo è dunque una vittoria spirituale più che stilistica. Oltre l’approccio scientifico di un Zola, abilissimo nel descrivere il corpo ma ottusamente cieco nell’ignorare l’anima, l’autore diA ritroso punta a un autentico realismo, in grado di rintracciare tutti i fattori costitutivi dell’esistenza. In altri termini, il suo sguardo si arricchisce di quella dimensione spirituale, di quella Bellezza con la “b” maiuscola, di cui il dato reale porta traccia, di cui ogni cosa è testimonianza. È questo il primo e decisivo passo che Huysmans-Des Esseintes compì sulla strada che porta a Cristo.



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