giovedì 12 novembre 2015

Cinzia Demi, "Maria e Gabriele – L’accoglienza delle madri" (ed. Puntoacapo)

di Dante Maffia

Cinzia Demi è una sorpresa continua, una che dall’inquietudine umana e spirituale trae energia per prendere a volo quelle intuizioni che non sono la verità, “ma uno scalino della verità”, come fa dire Giorgio Saviane a Padre Sergio neLe due folle, suo romanzo d’esordio.
Non è casuale che mi sia venuto in mente Saviane, come non è casuale che mi venga in mente Renan. Non per affinità di temi trattati, ma per l’atteggiamento al limite dell’eresia, quella che con acutezza critica ed eleganza Massimo Morassochiama “l’azzardo di un’effrazione al lascito tradizionale”.
Comunque non sta nella esattezza o meno del rispetto delle fonti la freschezza della poesia di Cinzia, ma piuttosto nell’aver saputo rubare una scintilla divina riportandola al proprio seno, edificandola in sé e soltanto dopo proiettandola verso l’universo e verso l’Infinito.
In questi versi c’è un totale abbandono alla Luce che arriva da lontani siti e non s’arresta perché il lievito della leggiadria non può né deve restare statico e così le quartine scandiscono un vero e proprio percorso che dà l’idea, a me, di stazioni dalle quali ripartire di continuo per approdare alla Grazia.
Gabriele deve annunciare a Maria quel che accadrà, ma il turbamento diventa padrone e tuttavia nonsi oltrepassano i limiti della volontà divina, perché in tutti e due vige il principio dell’obbedienza e della castità.
Credo che l’idea di Cinzia Demi sia stata geniale: un incipit di romanzo meraviglioso tra Gabriele e Maria, che nella sezione Quasi uomo  quasi umano ha i momenti alti di poesia  del libro, perché il dettato si fa preghiera.
Cinzia è riuscita a impossessarsi del tema trattato fino a immolarvisi ed è per questoche a un certo punto può dire liberamente: “quasi uomo  quasi umano / come un corpo che ha raccolto / il giorno e la notte  / nelle sue pieghe d’animale // ti sarebbe piaciuto Maria / lo avresti raccolto e nutrito / cresciuto insieme a tuo figlio / radici gli avresti dato di casa // mite e deciso / ti avrebbe somigliato / consolato forse  nei giorni / delle foglie cadute”.
Credo che esiti così convincenti e così alti nella poesia religiosa siano stati raggiunti prima di Cinzia soltanto da altre due poetesse, Margherita Guidacci ed Elena Bono e da poeti come Idilio dell’Era e Carmelo Mezzasalma.
La voce di Cinzia resta voce al femminile, come deve sempre essere per non perdere la propria identità, ma si tratta di un femminile che sa entrare fermamente anche nell’animo di Gabriele per metterlo davanti alle proprie responsabilità.
In calce al libro noto che Cinzia, oltre a una Nota che spiega come “Dal grande mistero dell’Annuncio e dall’alto valore simbolico dell’accoglienza, racchiuso nel sacro evento, nascono le figure umanizzate di Maria e di Gabriele che non potranno non piacersi e che rinunceranno ai loro sentimenti per un fine più alto” riporta anche una Bibliografia Essenziale con nomi di grande prestigio. L’intento è sicuramente quello di avvertire il lettore che, nonostante l’effrazione lei si è documentata e ha cercato di entrare nell’argomento non solo con le sue percezioni ma anche con l’apporto di confronti di vario genere.
L’onestà intellettuale di Cinzia Demi è proverbiale, ma devo dire che leggendo Maria e Gabriele – L’accoglienza delle madri ho riscontrato un’autonomia e una franchezza che ha il sapore della sana teologia. Che però non ha inficiato il canto, non ha appesantito la fluidità poetica, anzi gli ha dato una forza che a tratti inquieta e a tratti rasserena, come deve accadere sempre nel rapporto con i testi pregni di significati e di valorietici e morali.
Un importante libro di poesia e, perché no? Di teatro di poesia, e chi non avesse voglia di sfogliare il Vangelo, si fermi sulle pagine di Cinzia, ne trarrà refrigerio: se donna prenderà maggiore consapevolezza del suo ruolo; se uomo saprà meglio guardare nel grembo dellemadri scevro da tentazioni irresponsabili. La castità è un valore illuminante, un valore che va ben oltre la rinuncia “come gemma da curare / strada da inventare / rubata alle paroledell’angelo”.

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