mercoledì 17 febbraio 2016

Giancarlo Licata, "Il volo dell'allodola" (Ed. Thule)

di Sandra Guddo

Con la crisi del postmodernismo si apre, in Italia e nel mondo, una nuova stagione  narrativa in cui si registra una rinnovata attenzione verso l’analisi della società umana sia a livello locale che globale. L’intellettuale riacquista la sua autorevolezza proponendo alla nostra attenzione temi che ci riguardano da vicino e di fronte ai quali non possiamo più permetterci di restare indifferenti  ma risulta necessario, se non urgente,  prendere consapevolezza dei problemi  che mettono a rischio i fondamentali della nostra stessa civiltà: terrorismo internazionale, immigrazione clandestina, traffico di stupefacenti, inquinamento, smaltimento dei rifiuti tossici e quella miriade di attività illegali che favoriscono la corruzione di una classe dirigente sempre più lontana dai valori più pregnanti delle ideologie che le sottendono.
In particolare nel nostro paese, proprio in quella realtà che Giancarlo Licata descrive magistralmente, c’è in atto un vero e proprio golpe strisciante che ha cambiato in peggio il volto del paese, assicurando la vittoria del nichilismo sui valori fondamentali tra i quali vanno, innanzitutto, recuperati la rettitudine morale ed il senso del dovere.
 Sulla scia di grandi scrittori e giornalisti come Walter Siti e Roberto Saviano, a mio parere, si pone l’opera di Giancarlo Licata “ Il volo dell’allodola “ , che, con toni meno sanguigni ma altrettanto efficaci, pone il lettore di fronte al dramma di una società malata che ha dimenticato i più elementari valori della convivenza civile.
In particolare, Egli si sofferma ad esaminare le nostre periferie degradate e dimenticate, prive di centri di aggregazione sociale e culturale; la mancanza di centri di recupero e di integrazione per  sbandati, bulli  e  “ teppistelli “ di borgata, favorisce la criminalità organizzata che arruola, ancora giovanissimi, questi ragazzi, divenuti  facile preda e li  invischia nelle loro attività illecite, regalando loro il sogno di una vita facile, piena di soldi, di potere  e di quell’effimera evasione dallo schifo in cui si trovano a vivere, attraverso l’uso sempre più devastante degli stupefacenti.
Alla borgata, divenuta così vero e proprio quartiere dormitorio, che si limita ad offrire ai residenti soltanto i servizi essenziali, si contrappone la città “ indifferente “ ai disagi dei borgatari, a cui mancano gli stessi servizi assicurati agli altri cittadini, creando una disuguaglianza inaccettabile da parte dello Stato, in questo caso assente.
A Borgo S. Fedele, nome quanto mai stridente con la realtà che rappresenta, la situazione è particolarmente grave perché non è neanche assicurata la regolare fornitura dell’acqua. Se poi a questo si aggiunge la temuta soppressione della linea dell’autobus “ Centidiciannove “, l’unica che collega il borgo al centro città, la situazione può diventare esplosiva ed è quello che accadrà nella borgata determinando, di conseguenza, un salto di qualità in negativo tramite l’intervento di una potente organizzazione malavitosa, rappresentata, nel romanzo, da un misterioso uomo in doppiopetto blu  che, utilizzando la microcriminalità presente nel territorio, tenterà di trasformare quella parte della periferia in una zona franca dove sarà possibile curare affari oscuri ed interessi illeciti, come il traffico della cocaina proveniente dal Sudamerica, il traffico dei clandestini anziché di armi o della prostituzione ed anche lo smaltimento di rifiuti tossici ospedalieri. Una fitta trama di affari oscuri dove le forze malavitose del luogo, sempre più allargate, si coniugheranno con gli affari internazionali e la globalizzazione. In tal modo, il bulletto di borgata verrà utilizzato come fattorino  alla dipendenze dell’organizzazione che va, in giro,  trasformato in un crudele venditore di morte , con la sua “ Alfa romeo coupé rossa ritoccata, ma non troppo in modo da non solleticare l’attenzione della polizia “ ed il boss della borgata diventerà un intoccabile.
Su questo scenario narrativo si muove la storia di un povero ragazzo di borgata: Giovanni, un sedicenne con una particolare  disabilità cognitiva compensata dalla geniale capacità di calcolo , che, nei momenti di difficoltà e di incomprensione di una realtà di cui non riesce a leggere tutte le righe, vola come l’allodola verso il cielo, in alto per ritrovare la serenità insieme al suo compagno immaginario “ Valentino “ a cui si aggrappa per trovare la giusta risposta ai suoi quesiti irrisolti o con cui si diletta nel difficile gioco della fantasia.
Il  gioco  diventerà sempre più arduo e complicato da gestire, quando Giovanni entrerà in contatto con la città indifferente : le due realtà che, fino ad allora si erano ignorate, daranno vita ad uno scontro aperto che culminerà in tragedia. Lo sconfinamento di territorio nella borgata di S. Fedele di due giovani amici e compagni di scuola di Giovanni, appartenenti al mondo dorato della città, dovrà essere punito in modo esemplare dai teppisti locali. Una tragedia annunciata  che Giovanni aveva intuito ma a cui non riuscirà a porre rimedio.
Sembra quasi uno scontro di civiltà dove il controllo del territorio, divenuto “ giostra delle impunità “ appare prioritario rispetto al valore stesso della vita e progettare un omicidio, per quei  “ teppistelli “, elevati ormai al rango di spietati delinquenti , diventa banale come dare ”  la caccia ai gatti.”
Ecco allora che il nostro scrittore si mostra un profondo conoscitore del disagio giovanile che racconta in modo magistrale in una delle pagine più convincenti della sua opera.
Altrettanta maestria Giancarlo Licata rivela nella descrizione di Antonella Valenti, madre di Giovanni e voce narrante del libro: è una donna sciatta e delusa, costretta da un incomprensibile senso del dovere, ad un matrimonio con un uomo molto più grande di lei e con cui non ha progetti da condividere, condannata ad una squallida esistenza dove la sua femminilità appare mortificata. Anche lei, come un’allodola cerca altrove, in un mondo parallelo, una via di fuga che realizza attraverso l’amore adulterino  verso Giorgio detto “ Spina “, boss della borgata. Il mondo segreto di Antonella, con le sue inquietudini e le sue passioni, è raccontato da Giancarlo Licata con estrema efficacia e colpisce la sua straordinaria conoscenza dell’animo femminile, diviso, in tal caso, tra senso del dovere, trasgressione e amore incondizionato verso il figlio. Anche la figura di Franco, il marito, rappresenta per lo scrittore un’occasione imperdibile per tuffarsi nella realtà italiana ed analizzarne le patologie, in quel delicatissimo passaggio tra la prima e la seconda  repubblica dove tutte le ideologie, di destra o di sinistra, sono in una forte crisi di identità e di credibilità a causa della corruzione dilagante. Un uomo disincantato e disilluso, fortemente consapevole dei limiti della politica e dei sindacati di cui pure, un tempo, era stato un convinto sostenitore.
La narrazione veloce e puntuale nella ricostruzione dei fatti cronologicamente attestati, non rinuncia a soffermarsi su alcune tematiche care all’autore come la dissertazione sul valore assoluto della memoria senza la quale un popolo sarebbe “ un popolo senz’anima “ o il significato del pentimento etico degno di perdono e del pentitismo. L’amore giovanile che, in un libro di denuncia civile ed intellettuale come questo, sembrerebbe non potere trovare spazio, viene invece trattato ampiamente e sapientemente attraverso il racconto delicato, quasi elegiaco, dell’innamoramento tra Walter e Martina, tale da avvicinare la sua prosa alla più alta poetica dei sonetti del dolce stilnovo.
 La scrittura per il nostro autore è il modo migliore per tuffarsi nelle patologie del nostro tempo ed analizzarle ma anche per ridarci, attraverso le parole del professore Diacono, la speranza che la cultura ci può salvare dalla dissoluzione totale, quando, rivolgendosi ai suoi studenti, ripete che “ dovete sapere, sapere, sapere. Solo alla fine del percorso sarete in grado di decidere con la vostra testa e fare le vostre scelte. E non dimenticate ( … ) la voglia di sognare. Se sarete abili, potrete conoscere, per poco tempo, o per molti anni, cosa sia la felicità. “

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