lunedì 23 maggio 2016

Nino Agnello, "Per sopravvivere al silenzio" (Ed. Thule)

di Giovanni Taibi

L’esigenza di lasciare tracce del proprio passaggio della nostra avventura mondana  è sempre stata connaturata nell’uomo, sin dai tempi in cui si circondava nelle caverne di graffiti che rappresentavano scene di vita familiari e volti amici e i primi ideogrammi con cui ingenuamente esprimeva i propri sentimenti. Questi altro non sono che gli antenati della parola scritta che ha permesso all’uomo di tramandare ai posteri le sue memorie e i suoi accadimenti. La Parola per sopravvivere all’oblio e al silenzio che inevitabilmente rischia di essere il nostro destino.
È questo il senso ultimo del nuovo libro del prolifico scrittore, poeta e saggista agrigentino Nino Agnello “Per sopravvivere al silenzio” ( Edizioni Thule 2012 Euro 15,00 ).
“Un segno è già una parola vera che durerà nel tempo” (cfr pag. 5) è l’incipit della prefazione di Tommaso Romano. “Nino Agnello, continua Romano, è un credente nella parola come manifestazione del profondo, nello spirito, nell’Amore che dall’identità sa inverarsi nell’universalità”( Ibidem).
Con uno stile ammaliante, pur nella sua plastica semplicità, l’autore ci conduce dentro la grande casa dei suoi ricordi, già dalla prima fanciullezza, alla scoperta di un mondo ormai scomparso, di personaggi amati e ormai perduti nella realtà ma non nella memoria, dei suoi spostamenti in giro per l’Italia per seguire la sua carriera di docente, per obblighi familiari o semplicemente per diletto. Ma dovunque andasse “mi seguiva e mi confortava la poesia come compagna sempre disponibile al sostegno morale, all’aiuto per impadronirmi di uno stile personale ( Cfr pag. 29 ).
A darci ulteriore aiuto nel dipanarsi dei suoi ricordi, Nino Agnello ha sapientemente diviso il volume  in tre parti intitolandole Res familiares, Res Amicales e Res Sapientiales, in omaggio alla cultura latina e generalmente classica di cui il nostro si è nutrito l’anima.
Nel libro di Nino Agnello si respira ad ogni pagina un senso di umanità che ha del prodigioso. Ricordando un amico medico, Vincenzo Terrana, così dice a proposito della sua missione : “Sconfiggere l’utilitarismo e lo sfruttamento del dolore altrui: a questo pensava e rivolgeva ogni giorno la mente, e sconfiggere anche il dolore, la sofferenza, anche l’ignoranza: e godeva se altri a ciò si adoperassero.” ( cfr pag. 33)
O ancora “Che vale la scienza se non alleggerisce il peso del dolore, che vale il dono della parola se non toglie ombre dalla mente e dal cuore di chi soffre nelle angustie della tristezza o nel buio dell’ignoranza o anche della sudditanza ?” ( cfr pag. 34) .
Non è difficile trovare echi di foscoliana memoria a proposito del compito supremo della poesia di saper eternare il ricordo di un uomo. Ricordando un altro amico poeta, Gigi Peritore, nell’anniversario della scomparsa: “Per me che lo avevo detto vivente nel mio volume antologico Agrigento in versi, poteva continuare a dirsi vivente …perché così a tutti appariva potendosi ancora quasi sentire il suo respiro, l’alito della sua presenza in mezzo a noi che…risentivamo l’eco calda e pastosa della sua voce, dei suoi versi, della sua prosa.” ( cfr pag. 35) 
Perché l’amicizia, quando è vera e sincera, supera i confini materiali e mortali e si mantiene nel tempo. Diceva ancora Foscolo nei Sepolcri “Sol chi non lascia eredità d’affetti/ poca gioia ha dell’urna” ( cfr vv 42,43).
Tante dunque sono le figure di amici che a vario titolo compaiono nella seconda sezione Res Amicales, da un lato rimpiante ma dall’altro amate come se fossero ancora presenti in carne ed ossa.
Non poteva mancare nelle memorie di un uomo che ha trascorso tutta la sua vita professionale a scuola un capitolo dedicato al mondo dell’insegnamento. È la terza parte Res Sapientiales, dove l’autore fa rivivere i suoi trascorsi scolastici non disdegnando di inserire commenti su fatti personali anche cuiriosi.
Ma la parte più apprezzabile del capitolo è quella in cui Agnello, molto in anticipo sui tempi, lamenta due gravi problemi legati all’insegnamento della letteratura italiana. La prima riguardava gli autori del Novecento non si affrontavano affatto. “Avevo conosciuto colleghi che si fermavano ancora a Carducci ignorando Pascoli e tutto il resto.” ( cfr pag. 79 ) Per questo lui già nel primo biennio introduceva lo studio di autore del Novecento.
La seconda questione riguarda lo studio del testo letterario, in particolare quello poetico,  in maniera analitica e scientifica. I manuali erano ancora fermi alla sola parafrasi ignorando la metrica, la sintassi e l’uso delle figure retoriche.
Così afferma Agnello “Avevo trovato da solo il sistema, per cui per me era un grande piacere farne edotti alunni e anche colleghi vicini e lontani, che lo apprendevano con meravigliato stupore.” ( Cfr. pag. 79) 

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