sabato 12 novembre 2016

Francesca K. Matina, "La casa nel vento" (Ed. Thule)

di Giovanni Taibi

Un’ interessante narrazione  a metà strada tra il racconto e la dissertazione filosofica è l'opera prima della giovane scrittrice lampedusana Francesca K. Matina “La casa del vento” edito da Thule (euro 10.)
Con un linguaggio avvolgente l'autrice ci conduce per le vie tortuose e fascinose  del suo pensiero, del suo sentirsi esule in ogni terra che non sia la sua Lampedusa eppure desiderosa di perdersi tra gli sguardi inquieti e le infinite possibilità che la realtà   ci offre.  Questo spiega il suo interesse per  gli aeroporti, luoghi dove si mescolano sentimenti e situazioni vari e molteplici  che l’autrice ama sviscerare al di là delle loro reali apparenze.
"Vorrei vivere un anno in ciascun paese del mondo” dice.
Questa è soltanto una delle tante dicotomie su cui disserta l'autrice , che da fotografa appassionata e competente, posa sempre il suo occhio/obiettivo  attento sul divenire della realtà cercando di cogliere il momento emozionalmente più significativo.
Altro filo conduttore del suo scritto è il valore del dubbio, socraticamente inteso.
“Dicono che siamo pieni di dubbi, noi filosofi, incapaci di darci delle conclusioni.
Ma la filosofia nasce dai dubbi e, proprio per questo, chi la sceglie non deve esaurirli mai, altrimenti finirebbe per arrestarsi a conclusioni necessarie, sottraendo possibilità al contingente.”  ( Cfr pag 59 )
Pertanto per lei l'approdo agli studi filosofici naturalmente costituisce un lento, sofferto, pur tardivo e meditato punto di partenza grazie al quale può riuscire a porsi le domande giuste senza per questo avere la presunzione di trovare le risposte.
Studi filosofici che costituiscono la sostanza del ragionamento, e quindi del libro, che la giovane lampedusana attraversa con dotta profondità a  differenza della moltitudine dei suoi coetanei che ormai delegano la propria coscienza individuale a quella collettiva,  che trova nei social network facile terreno di un effimero vivere, in cui non hanno cittadinanza dubbi e meditazioni ma solo la vuota presenza dell'Esserci.
In una vita apparentemente normale che si svolge tra Lampedusa e Palermo, Francesca K. Matina, ci apre il suo cuore davanti allo stupore della vita, alla profondità dei sentimenti che riesce a cogliere anche nell’anonima persona che occasionalmente incontra nel suo quotidiano divenire.
Gli accadimenti della vita sembrano, alla nostra autrice,  così imprevedibili  eppure necessari : “ L’orizzonte è così vasto, che non possiamo fermarne il flusso di incidenza sulle nostre vite” ( cfr pag. 11)  .
La casa nel vento allora altro non è che il luogo simbolico e isolato dove rifugiarsi per decifrare i molteplici messaggi che la vita ci invia. Dice ancora: “Le parole furono la mia prima casa nel vento, lo spazio privato dove amavo confinarmi.”  ( cfr pag. 11)
Non possono allora che venire in mente le analogie con  i versi di Saba in Trieste in cui poeta ama nascondersi per riflettere : “Ho attraversato tutta la città./Poi ho salita un’erta,/ popolosa in principio, in là deserta,/ chiusa da un muricciolo:/un cantuccio in cui solo/ siedo;”
 Se infine dobbiamo trovare un messaggio allo scritto della Matina lo possiamo trovare nell’invito che nelle pagine conclusive rivolge soprattutto ai giovani: “ Per ritrovarsi bisogna perdersi.  Non abbiate mai paura di smarrirvi, dovunque sarete capaci di arrivare – senza bussola e senza coordinate – vi arricchirà e farà di voi quello che diventerete.” ( Cfr pag. 70) 

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